by Andrea Menarini
		
		
			
				
				(click on photos to enlarge image)
				
				
					 IL PIACERE DELL'INDAGINE
				
				
				Anch’io sono un appassionato di mercatini delle pulci, o 
				mercatini sedicenti antiquari del fine settimana, e, la domenica 
				mattina, come un impiegato che va al lavoro, esco per la mia 
				caccia. 
				I signori Lazar Freidgeim e Katy Galewski hanno già ben trattato 
				nei loro articoli su ASCAS l’argomento della ricerca in questo 
				tipo di mercatini sottolineando soprattutto l'eccitazione 
				provocata dal ritrovare il pezzo raro sepolto da ciarpame o di 
				essere stati gli unici a riconoscerlo fra la moltitudine che lo 
				ha ignorato. 
				E’ un’emozione che va molto al di là della gratificazione di 
				aver fatto un affare in termini economici, come ci conferma Katy 
				Galewski quando ci racconta di aver fatto, il giorno dopo, una 
				donazione probabilmente superiore al valore dei piatti di 
				Tiffany scovati e pagati novanta centesimi
				
				(vedi: Silver on My Mind); è piuttosto l’ancestrale 
				orgoglio del pescatore, del cacciatore o del raccoglitore di 
				funghi quando riesce a fare ritorno con un bel bottino, come ci 
				dice Lazar Freidgeim
				
				(vedi: Garage Sale Saga). 
				Vorrei descrivervi, invece, un altro lato, secondo me, 
				altrettanto piacevole dell’acquistare al mercatino, 
				raccontandovi un episodio accadutomi di recente. 
				Noto su una bancarella un piccolo vassoio, lo prendo in mano e 
				lo osservo, mi pare lavorato a mano, di buona fattura e 
				abbastanza vecchio, oserei dire antico.
				
				Ha il marchio 800 punzonato due volte ai due lati 
				dell’ovale, ma porta anche sul bordo tre marchi che non conosco, 
				ma che mi fanno pensare a marchi antichi. La ripunzonatura di 
				pezzi antichi è una cosa che si è verificata con una certa 
				frequenza in Italia nei primi anni del 900. Ad esempio, poteva 
				capitare che un privato, per motivi ereditari o altro, portasse 
				un pezzo non marcato o marcato con marchi sconosciuti ad un 
				argentiere per sapere se il pezzo fosse o meno d’argento. Se lo 
				era, spesso l’argentiere lo marcava col punzone 800, allora non 
				ufficiale ma molto usato, per confermare la sua perizia. 
				Inizia la trattativa, parte imprescindibile degli acquisti al 
				mercatino, e dopo un adeguato dibattito si arriva ad una cifra 
				che soddisfa sia me che il venditore: se il vassoio è dei primi 
				novecento, come suggeriscono i marchi 800, il prezzo è 
				ragionevole, se invece è di fabbricazione anteriore, come mi 
				fanno sospettare gli altri marchi impressi sul bordo, e i marchi 
				800 sono invece stati apposti più tardi, tanto meglio. 
				Ora che il pezzo è mio, posso cominciare la mia indagine. Ormai 
				ho quasi smesso di chiedere al venditore se ha notizie sulla 
				provenienza del pezzo, per troppe volte ho sentito storie di 
				pura fantasia o enormi castronerie. 
				Tornato a casa con la preda, osservo attentamente i tre marchi: 
				una croce di Malta, una M e un altro marchio così consumato da 
				essere irriconoscibile. 
				La croce di Malta è stata molto usata, per cui è difficile 
				trarne un indizio sicuro. Si riconosce però che l’incuso è 
				ottagonale, e questo riduce le possibilità. Consulto tutti i 
				libri che ho, e trovo solo quattro marchi che hanno qualche 
				somiglianza con quello del vassoio.
				
				Il primo ( fig. 1), sembra poco probabile. L’incuso non è 
				propriamente ottagonale e poi Simone Palmieri è morto nel 1716; 
				non sembra che il vassoio sia vecchio di trecento anni. 
				In figura 2 si vede il punzone camerale di Spoleto nella seconda 
				metà del XVIII sec. Questo è compatibile. 
				In figura 3 si vede il marchio di Paderborn (Germania XVIII sec. 
				secondo Jan Divis, XIX sec. secondo Tardy). Anche questo è 
				compatibile. 
				In figura 4 si vede il marchio di Malta, che il Tardy descrive 
				in uso dal 1982. Francamente non mi sembra credibile che il 
				vassoietto sia stato fabbricato così di recente, qualcosa non 
				torna. 
				Ricomincio lo stesso percorso con la M. 
				Ne trovo molte sui vari libri, alcune più somiglianti, altre 
				meno, ma niente che concordi con Spoleto o con Paderborn. Molte 
				"M" di varie fogge, alcune molto somiglianti, sono attribuite a 
				Malta. 
				L’ultimo marchio sembra indecifrabile:una testa d’uomo, una mano 
				chiusa, una testa d’animale, chissà…… 
				La mia indagine basata sui libri che possiedo non sembra aver 
				portato ad una soluzione. Provo allora a postare il mio quesito 
				sul forum di un sito Internet che tratta d’argento. E’ frequentato da molti 
				esperti, alcuni espertissimi in particolari aree geografiche. 
				I collaboratori più ferrati negli argenti tedeschi potrebbero 
				avere la soluzione, se la Croce di Malta fosse quella di 
				Paderborn. 
				E poi ci sono alcuni dei partecipanti che sembrano sapere tutto 
				di ogni zona del pianeta: io sospetto che dietro il loro 
				pseudonimo si celino degli extraterrestri. Passano i giorni, ma 
				non arriva nessuna risposta. 
				Ho la fortuna di conoscere un esperto argentiere, Pietro 
				Fantazzini, che gentilmente sopporta le mie incursioni nel suo 
				negozio per chiedergli informazioni, quindi capita di frequente 
				che lo vada a disturbare, e ogni volta imparo qualcosa. 
				Assisto sempre con piacere alla visita che fa al pezzo; si 
				tratta proprio di una visita come quella che un medico fa ad un 
				paziente: lo palpa, lo guarda da lontano, poi da vicino, poi con 
				la lente, poi lo soffrega con le dita, lo misura, talvolta gli 
				alita sopra e osserva qualcosa che non so, forse lo annusa 
				anche, e poi emette un parere che è quasi sempre in termini 
				difettivi, vale a dire: non ci sono segni evidenti che collocano 
				questo manufatto sicuramente dopo una certa data. 
				Dopo la "visita" il suo parere è che il pezzo può essere antico. 
				Questo responso potrebbe sembrare vago, ma ha in realtà una sua 
				logica. Un buon artigiano padrone delle tecniche del passato, 
				potrebbe fabbricare anche oggi un pezzo completamente fatto a 
				mano a partire dal lingotto, come si usava 150 o 200 anni fa. 
				Che poi questo non sia più remunerativo o che forse di questi 
				artigiani non ne esistano più qui in occidente, è un altro 
				discorso. Non molti anni fa, in una bottega di Vientiane, ho 
				visto una certa quantità di lavoranti, certamente più di una 
				dozzina, che fabbricavano ciotole d’argento decorate con 
				intricati motivi floreali realizzate a sbalzo completamente a 
				mano senza l’aiuto di alcuno stampo. Artigiani come quelli 
				sicuramente potrebbero fabbricare anche oggi un vassoietto come 
				quello di cui stiamo trattando. 
				La conferma che il pezzo può essere antico, è certo un buon 
				inizio e andiamo avanti parlando dei marchi.
				
					
						| 
						
						 
							 Anche secondo Pietro i due marchi "800" sono 
							stati impressi dopo la fabbricazione del pezzo, ma 
							purtroppo, anche secondo lui, gli indizi che ho 
							raccolto fin'ora non sembrano essere concordanti e 
							non possono indicare una origine e una datazione 
							sicure. Tuttavia, sfogliando vari libri, mi fa 
							notare che quel marchio indecifrabile, forse una 
							mano chiusa, potrebbe assomigliare (figura 5) ad un 
							marchio in uso a Malta all'inizio dell’ottocento. 
							L'incuso sembra diverso, ma il suggerimento mette in 
							moto qualche meccanismo mentale: la croce di Malta, 
							la M di Malta, e forse anche la mano chiusa di 
							Malta, devo approfondire le ricerche su Malta, se 
							non altro per poterla escludere.
						
						 | 
						
						
						  
						 | 
					 
				 
				Cerco su Internet qualche notizia e scopro il libro "The 
				Silver of Malta" che è disponibile in una delle biblioteche 
				della mia città. 
				Il volume è un catalogo con belle foto di argenti maltesi 
				minuziosamente descritti. In una appendice sono raccolti i 
				marchi dei fabbricanti ed altri marchi, ma senza una organica 
				trattazione di tutti i marchi in uso a Malta nei vari periodi. 
				Tuttavia, proprio nell’ultima pagina c’è il marchio di Saverio 
				Cannataci (figura 6)
				
				La forma e il periodo, XIX sec., sembrano compatibili. 
				L’incongruenza temporale che emergeva dal marchio in figura 4 
				sembra ora superata. Tra i pezzi rappresentati ce n’è uno (pag 
				168) la cui punzonatura è descritta così: 
				Maltese standard. 
				Upheld hand mark. 
				Maltese cross in octagonal punch, for Saverio Cannataci (1806) 
				Il marchio della mano chiusa, invece, non è rappresentato. Mi 
				rimane qualche dubbio. Decido allora, con una certa faccia 
				tosta, di scrivere all’autrice del libro, di cui ho trovato, con 
				qualche ricerca in Internet, l’indirizzo email. 
				Dopo poche ore, con una squisita gentilezza, Alaine Apap Bologna 
				mi risponde: 
				You have a pretty Maltese piece there. I have a feeling that 
				this is a platter, which accompanied a set of altar cruets. 
				I see, from bottom: 
				Alexander Ball's 'fist' assaymark: 1800-1810 
				'M' for Maltese standard mint mark, of the same period ( I.e. 
				835/1000 alloy, ca.) 
				Maltese Cross in octagonal punch, for Saverio Cannataci. He was 
				registered as silversmith in 1806. His maker's mark is SA/CA in 
				plain shield. 
				Now here is a problem I haven't as yet solved: He became Consul 
				for silversmiths in 1848. This punch should be his Consul's mark, 
				so something doesn't tally. This isn't the first time I have 
				encountered this set of marks… I hope to find out, sometime soon, 
				about this. 
				Il puzzle sembra risolto e tutte le tessere sembrano al loro 
				posto. 
				La conferma dell’autrice che questa serie di marchi è stata 
				registrata altre volte è decisiva. 
				Rimane quell’incertezza relativa al marchio di Saverio 
				Cannataci, ma le circostanze ancora da chiarire non sono affatto 
				rare nel campo dei marchi d’argento. 
				Essere arrivati ad una conclusione positiva dell’indagine ed 
				aver trovato l’origine e il periodo di un oggetto è certamente 
				una grande soddisfazione che peraltro non si verifica spesso, 
				sempre invece si può godere del piacere dell’indagine in se 
				stessa, dell’arricchimento che si ha consultando libri che, 
				senza uno specifico scopo da raggiungere, non ci sogneremmo di 
				leggere e delle conoscenze che gli esperti ci possono 
				trasmettere. 
				Anche se talvolta non si arriva alla soluzione del giallo, sarà 
				stata comunque una bella avventura.
				
				 | 
			 
		 
		 |